Quando la vite cresce di nuovo sugli alberi

Nel villaggio di Mergoscia da anni il FSP sostiene molteplici sforzi per riqualificare il patrimonio culturale tradizionale e i valori naturali. Grazie a questo impegno esemplare a favore dei paesaggi rurali tradizionali, nella bassa Valle Verzasca si è tornati a praticare un antico metodo di viticoltura: la «vite maritata», ovvero un sistema di agroselvicoltura pressoché dimenticato, riscoperto e usato di nuovo da un agricoltore innovativo.

«Una fortuna per Mergoscia», afferma Marco Bianconi, membro del comitato dell’associazione Pro Mergoscia, guardando verso il ripido pendio sovrastante i tetti in piode della frazione di Busada. La parcella, raggiungibile solo a piedi, è terrazzata con vecchi muri a secco in parte già risistemati e in parte bisognosi di un prossimo restauro. Sulle strisce di erba che in autunno sono ancora di un verde intenso si possono osservare pali in legno alti circa 170– 180 centimetri vicino ai quali in primavera sono stati messi a dimora piccoli alberi e barbatelle avvolte in un tubo di plastica per proteggerle dal rosicchiamento degli animali selvatici.

Un impegno pluriennale per il territorio

La parcella nuovamente coltivata è parte integrante del sottoprogetto «Conservazione dei vigneti tradizionali», promosso dal FSP su scala più ampia con il nome «Rivalorizzazione ecologica del paesaggio terrazzato di Mergoscia». Fino a trent’anni fa la parcella era coltivata a vite, ma dopo il decesso del proprietario di allora i ceppi sono stati sradicati e sono stati messi a dimora agrifogli, i cui rami sono molto richiesti nel periodo prenatalizio e venduti nei mercatini di Natale; inoltre questo appezzamento fungeva da pascolo per pony. In tempi più recenti la parcella si è invece rivelata un luogo ideale per la coltivazione della vite maritata. «In un primo tempo era prevista la piantumazione di 40–60 barbatelle in un altro vigneto», afferma Tankred Götsch, «mentre qui ce ne stanno 150.» 

L’intraprendente contadino biologico e giardiniere paesaggista ha preso in gestione la parcella dopo che la Pro Mergoscia ha confermato di volerlo sostenere nella manutenzione dei muri a secco. Il nuovo vigneto prospera quindi bene anche grazie al pluriennale sostegno di questa associazione – che conta un numero di membri superiore a quello di abitanti del villaggio (210) – per conservare e gestire, nonché promuovere attraverso un turismo sostenibile, il ricco paesaggio culturale e naturale sul versante meridionale sopra il Lago di Vogorno. 

 

Integrato in svariati progetti

Dal 2005 il FSP ha sostenuto nove volte, con complessivamente oltre 250 mila franchi, progetti di valorizzazione del paesaggio della Pro Mergoscia: il recupero di una selva castanile, di un bosco ceduo e di uno stagno, la gestione di una palude di pendio, il ripristino del tetto in piode di un edificio che insieme all’alambicco ospitava un grande torchio piemontese, come pure il restauro di un metato (gra). Questi oggetti testimoni della civiltà rurale sono stati collegati tra loro in tappe di un sentiero culturale-naturalistico, che consente di scoprire la storia, la cultura e la natura di Mergoscia.

Dal 2015 la Pro Mergoscia porta avanti, in collaborazione con l’Associazione Hot Spots, un progetto (attualmente alla quarta tappa) per la valorizzazione ecologica dei terrazzamenti. Concretamente esso comprende ad esempio la rivitalizzazione dei castagni monumentali, la messa a dimora di giovani piante innestate con antiche varietà autoctone, il recupero della selva e la sua gestione futura. Presso lo stagno nel luogo di forza di Perbioi, dove vola di nuovo la rara farfalla baccante (Lopinga achine), è stata valorizzata una zona umida. Nell’ambito del progetto vengono gestiti i margini boschivi, diradate parti di bosco, risanati i muri a secco che sostengono e strutturano i terrazzamenti.

Assicurare la futura gestione

L’attuale fase del progetto, che si concluderà nel 2024, prevede l’ampliamento e la messa in rete delle superfici valorizzate in precedenza. Con provvedimenti mirati vengono promosse specie rare: variespecie vegetali tra cui la serapide maggiore (Serapias vomeracea), tuttora presente, l’assiolo (Otus scops), l’upupa, le api selvatiche, i rettili e i pipistrelli. Saranno salvaguardati e piantumati nuovi esemplari di salice viminale e il salice bianco, i cui rami sono utilizzati per legare la vigna. Un altro ettaro e mezzo di bosco sarà diradato; i margini boschivi scalari e i corridoi creati consentiranno di migliorare l’interconnessione con tre ettari di prati da sfalcio e quattro ettari di selve castanili.

In questo contesto l’obiettivo non è unicamente di incrementare la qualità del paesaggio e la biodiversità, ma di garantire anche un’adeguata gestione in futuro. «Desideriamo sostenere sempre anche la poca agricoltura rimasta nel piccolo villaggio dalla tradizione contadina», afferma il responsabile del progetto Urs Nüesch, uno dei primi promotori dei progetti della Pro Mergoscia. Nüesch ha realizzato molto con gruppi di volontari. Oltre a un’azienda con diverse capre, oggi a Mergoscia esiste ancora solo un’azienda agricola gestita a tempo pieno: l’Azienda vitivinicola biologica «Ca di Cìser». Tankred Götsch e sua moglie Beatrice hanno ripreso l’azienda biologica nel 2016 per realizzare la loro visione: «Desideriamo gestire un vigneto senza prodotti fitosanitari di sintesi.»

Antica tradizione quasi scomparsa

«Una fortuna enorme per Mergoscia!» dichiara Urs Nüesch, mentre Tankred Götsch ci parla del particolare vigneto realizzato sul ripido pendio menzionato all’inizio: accanto a ogni barbatella cresce una piccola pianta (acero campestre, olmo campestre o gelso); in inverno entrambe vengono potate, per poi crescere insieme in primavera: all’inizio sono sostenute da un palo in legno di castagno, finché, dopo quattro-cinque anni, il giovane albero sostiene da solo la vite al suo fianco. Tankred Götsch ha già fatto esperimenti ed esperienze positive con questa modalità di coltivazione in altri luoghi: «Le viti hanno il vantaggio di essere più sane – perlomeno non hanno ancora sofferto di malattie fungine e grazie alle foglie degli alberi in caso di grandinate i danni non sono peggiori che sotto le reti.» A Tankred Götsch l’idea di questo metodo di coltivazione è venuta partendo dall’osservazione: la vite ha un portamento naturale di pianta rampicante. Ma esiste anche una tradizione quasi dimenticata: la vite maritata, risalente all’antichità, nel XIX secolo era ancora praticata in alcune zone dell’Italia e della Francia – qui con la denominazione di «vigne en hautain». In Romandia è diventata «hutin». Attorno al 2010 il FSP ha sostenuto un progetto del Comune diGrand-Saconnex (Canton Ginevra) per la piantumazione di alberi da frutto e di vecchie varietà di vite per la ricostruzione di un vigneto «hutin». In Ticino gli anziani ricordano ancora i loro nonni parlare della vite maritata e a Minusio si conservano gli ultimi testimoni di questo metodo di viticoltura.

Doppio sfruttamento del suolo scarso

A Mergoscia (e anche in altre località del Ticino), tuttavia, prima del diffondersi della coltivazione in uso oggigiorno con filari più bassi, l’usanza in viticoltura era diversa: la vite era fatta crescere lungo fili metallici e pali in legno di castagno, tra sottili colonne di granito (carasc). Sotto il fogliame rado di questi vigneti a pergola si poteva ad esempio ancora falciare il fieno. In tempi passati quando a Mergoscia vivevano fino a 700 persone questo doppio sfruttamento del suolo era essenziale per la sopravvivenza.

I muri a secco, che hanno consentito di sfruttare meglio i ripidi terreni, sono quindi stati costruiti quasi perpendicolarmente e non con l’usuale pendenza. Questo consentiva di coltivare una fila supplementare di mais sulla superficie del terrazzamento. Il progetto della Pro Mergoscia e di Hot Spots mantiene vive anche queste tradizioni – insieme a quella «riesumata» dall’intraprendente contadino Tankred Götsch.

Bolletino